di Milena Santerini
Il lavoro di preparazione al Sinodo sulla famiglia invita a riflettere su grandi temi che lacerano la società attuale, spesso in modo conflittuale; allo stesso tempo, chiama a guardare i legami e le relazioni umane e familiari con uno sguardo nuovo ed un accento di misericordia, gli stessi che vediamo nel volto di papa Francesco.
Allarga il cuore sentire l’annuncio del Vangelo che rimette ogni cosa nella giusta prospettiva, e illumina le piccole e grandi vicende umane. Ma poi viene il tempo dei si e dei no, della traduzione concreta, giuridica e politica. I principi diventano norme, regole, leggi. Non sempre la politica mantiene lo stesso respiro, anzi balbetta davanti alle grandi questioni, decisive per il futuro delle nuove generazioni.
Anche davanti alle sfide poste dalla famiglia sembra, a volte, che chi fa politica sia imprigionato in una prospettiva ristretta; ci si chiude in posizioni preconcette, si rispolverano ideologie, si cerca la propria identità per contrapposizione, prevale la pigrizia di soluzioni scontate.
Proviamo invece a capire come mantenere la stessa ampiezza e profondità di ispirazione che nascono dalla discussione in sede ecclesiale, quando si deve poi decidere sui finanziamenti, sui vincoli, sulle riforme.
L’Instrumentum Laboris del Sinodo apre un dibattito interessante sul significato della legge e del diritto “naturale”. Opportunamente molti osservano che naturale è divenuto, oggi, sinonimo di “spontaneo”, “istintivo”. Da qui una nuova vulgata dell’iper-io, del desiderio, della singolarità prepotente che arriva anche nel Parlamento, nelle istituzioni, in Europa e in Italia.
Se natura è questo, ovvio che si debba esprimere liberamente, e non sia soggetta a legge. Peccato che non si conosca e si discuta abbastanza la prospettiva entusiasmante aperta dagli studi neuro-scientifici, dai neuroni-specchio in poi, che descrive un quadro molto diverso. Ci mostra un essere umano empatico, proteso verso l’altro, che anzi è l’altro, tanto è simile.
Questo volto dell’essere umano-uguale-a-me , l’altro-in-me rende molto più vicina e comprensibile l’idea del diritto naturale. Si tratta della legge non scritta che mi lega al prossimo e che guida la mia coscienza. I legami e le relazioni, soprattutto familiari, diventano non un peso o una costrizione, ma una ricchezza fragile da conservare, mantenere, potenziare.
Le politiche familiari, quindi, hanno una bussola da seguire: non l’individuo ma i legami da rinsaldare. Si tratta delle relazioni tra le generazioni, spesso in concorrenza tra loro.
La crisi “costringe” a scegliere tra i giovani e gli anziani, mentre l’idea di un welfare “generativo” suggerisce che solo insieme si esce dalla recessione.
La penuria di risorse emargina i più deboli e incrina le famiglie.
Bisogna partire da loro, così come nella legge di stabilità o nella legge delega del lavoro i più fragili vanno salvaguardati: bambini, donne, anziani, disabili. Ma non con interventi assistenziali, bensì con una prospettiva di solidarietà, di promozione del terzo settore, di valorizzazione della grande capacità di bene nascosta nelle pieghe della cittadinanza.
Inutile dire che tutto quello che ringiovanisce il nostro paese, dalle misure per gli asili nido, alla tutela della maternità, le politiche abitative, il fondo per i nuovi nati, la protezione per le donne che reggono il peso della famiglia sia molto importante ma troppo trascurato.
Si esalta la famiglia ma si ostacola il ricongiungimento familiare degli immigrati; si proclamano i diritti dei bambini ma li si lascia vagare per l’Europa in cerca di futuro.
L’homo oeconomicus impone i suoi tempi alla famiglia: obbliga a lavorare nelle festività per consumare di più. Il carico fiscale non diminuisce, ma aumenta per le famiglie numerose.
Il partito dell’io rende più liquida l’appartenenza come nel caso del cognome che ognuno a scelta potrà comporre con quello del padre o della madre (l’aggiunta del nome femminile è una conquista, la libertà di metterlo nell’ordine che si vuole una scelta confusa).
Si accorciano i tempi per il divorzio, come se la sofferenza della separazione si lenisse solo tagliandosi i ponti alle spalle.
Si tratta di leggi che il Parlamento ha approvato recentemente, che potrebbero avere effetti di lunga durata sulla già debole tenuta della nostra collettività.
Si apre poi di nuovo la stagione dei conflitti sulle norme sensibili come le unioni civili, l’omofobia, l’educazione “di genere”? Non ne abbiamo bisogno. Bisogna trovare soluzioni non scontate, che abbiano come centro la cura delle relazioni e non solo la libertà soggettiva.
Tanto più che l’evoluzione delle tecniche di procreazione e le nuove frontiere scientifiche pongono continuamente enormi problemi etici di fronte a cui ci si divide non tanto per vecchi steccati ideologici, quanto per sensibilità culturale: ognuno ha la sua posizione rispetto alla vita, alla nascita, alla morte, al lavoro, al matrimonio, che taglia trasversalmente i partiti tradizionali.
E’ tempo di prendere sul serio i problemi del legame sociale, riconoscere nella famiglia una grande risorsa di umanità e amore e discutere a fondo, senza pregiudizi ma con profondità, su come rigenerarla.