Elezioni europee alle porte. Andiamo a rinnovare 751 membri del parlamento europeo (73 in Italia). La domanda che molti si fanno è: ci vuole più Europa?
C’è anche chi ne vuole meno. Siamo di fronte a una grave crisi di fiducia nella UE, crescono i partiti populisti, l’insofferenza, l’ostilità verso un mondo lontano a cui si imputano le misure di austerità che hanno affaticato tante famiglie. Si rischia di dilapidare un patrimonio immenso, una casa costruita con fatica per accogliere i dispersi dalle macerie della guerra.
Certo, ci sono alcune ragioni per criticare il “mostro buono di Bruxelles” (così la definisce Enzensberger). Troppa burocrazia, sigle astruse, tanti livelli forse inutili, ma soprattutto un “deficit di democrazia”. Perché? Il Parlamento, eletto dai cittadini, rappresenta i popoli; il Consiglio europeo i governi. La Commissione è un organo tecnico-giuridico. Si parla di deficit perché il Parlamento – eletto – ha meno potere ad esempio sul budget rispetto alla Commissione, non eletta e non revocabile. Perché il linguaggio è spesso complicato, lontano dalla gente. La gente non si affeziona all’Europa perché, dicono, non esprime il consenso popolare.
In questo senso, il salto politico delle elezioni del maggio 2014 è significativo. Per la prima volta, scegliendo i candidati alla Commissione europea si tenta di colmare il gap tra rappresentanza e potere tecnico, scegliendo un modello di Europa.