COMUNITÀ EUROPEA E IDENTITÀ NAZIONALI

Ci sono anche critiche di fondo che si riferiscono al rispetto della diversità di ciascun popolo: l’Europa tenderebbe ad omogeneizzarci, ci livella, impone standard uguali per tutti… Sono perplessa su questa paura, a me sembra che diveniamo sì troppo uguali, ma non a causa delle norme emanate dagli uffici di Bruxelles, bensì perché il mondo globale impone consumi e fa circolare idee che annullano la distanza. Allo stesso tempo, però, la globalizzazione ri-crea nuove diversità, spinge a coltivare le radici. L’Europa stessa protegge le minoranze, i diritti di tutti. Questa dinamica uguaglianza-diversità è insita nella globalizzazione, non dipende dai burocrati dell’UE. Ancora una volta ci si trova di fronte ai due classici modelli dell’incontro tra culture. Da un lato, superare le identità nazionali per una nuova fusione europea. Dall’altra, mantenere le identità originaria e metterle in dialogo. In sintesi, il mondo complesso chiede -oggi come ieri- di coniugare unità e diversità.

L’Europa è nata dalla guerra e dalla scelta per la pace. Adenauer, Schuman, Monnet ( e prima Churchill) avevano visto lontano, cercando una unione di popoli che impedisse i conflitti. Quando la Ceca (Comunità del carbone e dell’acciaio) è nata nel 1951, lo scopo era chiaro: condividere le risorse e creare quella cooperazione economica che avrebbe impedito a Francia e Germania di combattersi. In attesa dell’unione politica, bisognava rendere reali le speranze prima che i popoli smettessero di crederci. Il sogno si è realizzato, ora non si torna indietro.

Oggi, come osserva Bauman, l’Europa costituisce la difesa dei singoli Stati dall’eccesso di potenze economiche globali prive di scrupoli e – allo stesso tempo – rappresenta un elemento che sembra appoggiarle svuotando la sovranità nazionale e statale. Paradossalmente, sono vere ambedue le cose, e il continente si trova a svolgere il ruolo di “laboratorio”. L’UE si trova a mediare tra poteri globali e politiche nazionali. Solo una svolta fortemente politica, e non solo economica, anche a livello comunitario potrà orientare le scelte per trovare l’equilibrio tra queste spinte. Ne sono convinti anche i premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen, che rifiutano di essere arruolati nel fronte euro-scettico e, anzi, chiedono un rafforzamento dell’Unione di bilancio e quella bancaria, oltre che quella sulla valuta.

Il manifesto “L’Europa siamo noi” firmato oltre che da Bauman anche da Habermas, Beck, Morin, Touraine, Delors ed altri chiede di riconoscere i difetti della UE prendendo sul serio le paure dei cittadini verso questo “mondo parallelo anonimo” che li minaccia. Invitano a decidere in questo momento cruciale appoggiando la svolta politica e insieme spingendo la UE ad affrontare i temi che stanno a cuore alle persone. L’elezione diretta dei candidati alla Commissione potrebbe essere la chiave, secondo gli intellettuali firmatari, per alimentare una nuova idea europea e contrastare quei “partiti che vogliono essere eletti democraticamente per minare la democrazia in Europa”.