Cerchi su Google ‘utero in affitto’ e viene fuori la libera concorrenza della mercificazione del corpo della donna e della compravendita dei bambini. In italiano, con tanto di tariffari, cataloghi e procedure da seguire. In palese aggiramento della normativa italiana, che vieta la maternità surrogata e soprattutto la pubblicità. Ma a esser ignorata è anche la risoluzione del Parlamento europeo del dicembre 2015 sul rapporto diritti umani 2014 e quella del Consiglio d’Europa che bocciò il rapporto De Sutter che voleva introdurre una legalizzazione generalizzata della pratica. Protagonista in quella sede un vasto fronte di parlamentari donne italiane. Per Eleonora Cimbro del Pd «ora si tratta di intervenire in Italia, con la stessa unità di intenti», promette. «Su questi temi – dice Elena Centemero (Fi) – occorre grande trasversalità, senza vincolo di mandato. Non si può restare inerti di fronte allo sfruttamento del corpo della donna e del diritto del bambino ad avere un papà e una mamma».
Milena Santerini, di Demos, fu la regista, di fatto, di quest’operazione delle donne italiane in Consiglio d’Europa: «È un’operazione culturale che diventa anche politica. Così abbiamo vinto nelle sedi europee, così bisogna operare in Italia». I fronti aperti sono diversi: «Tanto per iniziare – sottolinea Santerini – anche con la leggi attuali una pubblicità sfacciata come questa andrebbe perseguita. Ma fondamentale è, soprattutto, rilanciare la cultura dell’adozione. Non è possibile far passare una vulgata che descrive questa bella pratica come impossibile o oscura ».
Sulla stessa linea Emma Fattorini , deputata del Pd, da sempre in prima linea contro l’utero in affitto. «Non credo all’esistenza di una pratica gratuita – premette – e sono contraria all’uso del corpo della donna, in ogni caso. Ma se c’è un fronte ampio che si oppone alla pratica a pagamento, come si può restare inerti di fronte a un commercio così sfacciato?». Questo senza escludere un intervento più profondo: « Una discussione franca e sincera – auspica Fattorini – da far partire da subito, per porre dei paletti condivisi. E che parta dalle coppie eterosessuali, che sono la maggioranza dei fruitori. Non vorrei mai – conclude – che questa discussione abbia come scopo penalizzare le unioni civili».
Nella maggioranza c’è però una posizione più incisiva di Ap. «Il provvedimento giudiziario di Milano – dice Maurizio Sacconi – afferma che il delitto paga. Ora dobbiamo rendere lo sfruttamento dell’utero reato universale – ribadisce la posizione sposata dal partito di Alfano ovvero perseguibile in Italia ovunque commesso. Come il turismo sessuale».
È d’accordo il presidente del Movimento per la Vita Gian Luigi Gigli, deputato di Demos: «La decisione della Corte d’appello di Milano ripropone l’urgenza di estendere il reato di maternità surrogata anche nel caso in cui esso sia stato commesso all’estero, per non continuare ad alimentare ipocritamente uno squallido mercato. La proposta di legge da me presentata assieme ad altri parlamentari di Democrazia Solidale chiede di essere calendarizzata. Ci auguriamo che il Pd non voglia su questo tema nascondere la testa sotto terra come gli struzzi, giocando tre parti in commedia».
«Quel che colpisce di questo caso milanese – interviene Eugenia Roccella, di Idea – è la sperimentalità innovativa, il voler a tutti i costi creare un legame tra fratelli utilizzando la stessa madre biologica e la stessa gestante. Per noi è la conferma di quel che avevamo detto, che la formulazione della norma sulle unioni civili, dando tutto il potere ai magistrati, avrebbe aperto la strada alla libertà di mercificazione, di inseguire un diritto assoluto alla genitorialità».