Sta cambiando davvero la scuola italiana?

Chi appoggia la riforma della buona scuola pensa di sì, e adduce come motivi l’autonomia delle scuole, il nuovo ruolo del dirigente, l’assunzione dei precari. Altri, che hanno riempito le piazze col grande sciopero del 5 maggio, dicono che non si sta aiutando la scuola, ma al contrario si dimenticano le legittime attese di studenti e insegnanti. Chiedono il rinnovo del contratto, maggiori fondi e soprattutto più collegialità, denunciano i troppi poteri al dirigente, una strisciante “aziendalizzazione” delle classi. 
  Difficile ridisegnare la scuola con una legge che nasce per assumere i precari, continua con l’affermazione dell’autonomia e contiene molte spinte ad una liberalizzazione. In realtà una “vera riforma” avrebbe dovuto avere per obiettivo l’innalzamento delle competenze degli studenti, il superamento delle disuguaglianze e il contrasto alla dispersione. Ma è ormai difficile cambiare direzione. 
   Il Parlamento ha modificato in modo abbastanza sostanziale alcuni punti. Ha affiancato il dirigente con il supporto dei colleghi, ha razionalizzato le nomine dei docenti. In breve: saranno inseriti in albi per ambiti territoriali, verranno poi individuati dalle scuole in base ai fabbisogni di competenze.
  Alcuni punti hanno avuto, per fortuna, una modifica radicale, come l’apprendistato, previsto per i quindicenni e ora soppresso. Il legittimo timore era che si spingessero “fuori dalla scuola” i ragazzi verso il lavoro in alternativa allo studio anziché aggiungere una formazione al lavoro all’obbligo.
Su alcuni punti le nostre proposte sono state accolte: più dirigenti tecnici (ispettori) altrimenti tutto il sistema non si regge. Prevedere uno staff attorno al Dirigente, altrimenti per le 1500 scuole a reggenza la situazione peggiorerebbe. Abbiamo ottenuto un chiaro rilievo, nella legge, all’integrazione degli immigrati e soprattutto all’intercultura, prima assente.  
  Si è ottenuto un compromesso sul 5×1000, da dare alle scuole. Non mi preoccupa  -anzi- la partecipazione delle famiglie, non temo, come viene paventato, la privatizzazione dell’istruzione, ma piuttosto il fatto che il 5×1000 da dare alle scuole sia  sottratto al Terzo settore e alla ricerca. Il Governo aggiunga risorse.
  Sui precari.. Soluzioni di compromesso per gli idonei al concorso  2012, i vincitori TFA.. Io mi sono spesa per i laureati in Scienze della Formazione Primaria, che hanno una vera abilitazione per insegnare, 5 anni di studi di discipline e di didattica e ora si trovano penalizzati.

Infine la formazione iniziale. Avevamo un’occasione per rivedere la formazione dei futuri insegnanti della secondaria con un percorso universitario che dovrebbe unire conoscenze e competenze, corsi e tirocinio. Si va invece verso un modello di svuotamento della formazione a livello universitario, con una specializzazione a scuola rimandata a dopo un concorso. In pratica c’è il rischio che si crei si un serbatoio per le supplenze, ma ci si formi all’insegnamento troppo tardi, quando si ha già un contratto a tempo determinato.