Il senso dell’Europa per il nemico

Il “nemico” è dentro o fuori? Il caso dell’aereo caduto sulle Alpi francesi con 149 vittime a causa di un suicidio-omicidio del co-pilota dovrebbe farci riflettere. Il giovane, molto probabilmente con problemi mentali, in un momento di profondo offuscamento, ha chiuso fuori dalla cabina di pilotaggio il comandante e ha fatto schiantare l’aereo con tutti i passeggeri a terra. La porta, che dall’esterno il primo pilota e altri non sono riusciti a forzare, era blindata, come in tutti gli aerei, a causa delle leggi anti sicurezza approvate in tutta Europa dopo l’11 settembre 2001. In tal modo si impedisce ai terroristi “da fuori” di entrare in cabina e dirottare l’aereo. In questo caso, però, il “nemico” era dentro.
Il terribile episodio dovrebbe farci riflettere sulla sicurezza e sul modo di proteggerci dalla violenza terroristica che effettivamente minaccia l’Europa. Non basteranno le porte blindate se non lavoriamo profondamente sulla società e sui meccanismi distruttivi, di qualsiasi tipo.
Al di là del caso dell’aereo tedesco, non è raro che misure prese per proteggere le persone, quando sono eccessive e limitano la libertà sociale , finiscano per creare più insicurezza anziché tutela. Dovremmo riflettere bene, in particolare alle norme adottate in momenti di panico sociale, come ora, dopo la strage di Parigi a Charlie Hebdo, cui sono seguite altre, e recentemente quella di Tunisi. L’Europa e il mondo occidentale in generale sono sotto attacco, e ancor più i musulmani stessi e le giovani democrazie. É in atto un conflitto intra islamico, sunniti contro sciiti, in Medio Oriente, in Yemen e altrove. Tuttavia non bastano le norme repressive.
In questo giorni, in Italia, si discute in Parlamento una legge antiterrorismo che lascia per alcuni aspetti perplessi. Come al solito, si reagisce solo con lo stato d’emergenza. Il decreto conteneva alcuni punti pericolosi, poi corretti, come le intercettazioni preventive sui sospettati di reati informatici, e la tendenza verso una “sorveglianza totale”. Si preferisce dare il messaggio di una pronta e dura risposta, poco lungimirante, e non si considerano i rischi di togliere diritti, che è un modo di creare insicurezza. Abbiamo già dimenticato che le vittime della terribile violenza omicida del’ISIS portano le tute arancioni del carcere di Abu Ghraib dove avvenivano torture e vessazioni?
Mi pare che non si considerino i rischi di favorire i violenti anziché ostacolarli, come ha messo in luce Eugeni Morozov parlando di lato oscuro della Rete. In Internet è vincente, come sempre d’altra parte, la prevenzione più che la repressione. Rimango convinta che la sicurezza si protegge non con meno libertà ma con la responsabilità dei cittadini.